anelli nella collezione: j.& g. abeler a wuppertal.
collana nella collezione: mudac
musée de design et arts appliqués contemporains a lausanne.
anelli nella collezione: alice & louis koch
museo nazionale svizzera a zurigo:
pub. schweiz. handelszeitung e art aurea
Zoltan Ragasits
I suoi gioielli sono stati esposti in molte città del mondo: da Zurigo a Berlino, Tokyo e Honk Kong. Ma la sua ricerca continua a essere orientata verso creazioni sempre nuove, che non sacrifichino la propria anima ai must della globalizzazione.
Sono nato in Ungheria, ma nel ’56, “all’alba” dell’insurrezione ungherese con i miei genitori siamo venuti in Svizzera, dove sono cresciuto.
Con l’Ungheria non ho più legami affettivi o sentimentali, e anche se sono cresciuto in Svizzera interna e ho passato la maggior parte della mia vita in Ticino, mi sento piuttosto europeo.
Già quando ero a scuola, ero interessato all’arte, ma non so bene come sia nata la passione per i gioielli. Si è trattato di una vocazione:
ognuno, nel suo percorso individuale, cerca un lavoro che possa esprimere quello che ha dentro.
Attraverso il gioiello ho trovato un mestiere che permettesse di coniugare il lato manuale a quello artistico. Nella società umana ci sono i commercianti, ci sono gli artigiani e ci sono gli studiosi. Personalmente mi sono sempre ritenuto un artista-artigiano. Le cose che creo,
voglio realizzarle senza pensare soltanto al profitto. Come orafo posso impegnarmi ore e ore per creare un oggetto che poi non potrò proporre calcolando nel prezzo il tempo di lavoro, perché altrimenti non potrei mai venderlo...
In Svizzera, all’epoca in cui mi sono formato, l’unico modo per imparare il mio mestiere era di entrare in un atelier e fare tutta la gavetta
dall’A alla Z.
Dopo gli studi a Sciaffusa e a Zurigo, ho lavorato per un’importante ditta a conduzione famigliare che mi ha incaricato di disegnare ed eseguire delle collezioni per suo conto.
Quattro anni più tardi ho deciso aprire un negozio-atelier per proporre le mie creazioni o eseguire direttamente le comande specifiche dei clienti. Così, iniziando nel 1980 la mia attività indipendente a Locarno, ho potuto ottenere una cosa che prima mi mancava:
il contatto diretto col pubblico.
Il mestiere dell’orafo è uno tra i più antichi e nobili. In origine egli era considerato un po’ come un alchimista, perché lavorava con metalli, formule chimiche e minerali attraverso tecniche delle quali la gente comune era all’oscuro.
In tutte le culture, da nord a sud, il gioiello è onnipresente e ha sempre avuto una grande importanza: c’erano gioielli per i re come per gli schiavi, per i vivi come per i defunti. Un collega molto stimato di Vienna, Peter Skubic in un catalogo ha scritto:
“Non è forse vero che l’uomo fece uso di gioielli ancor prima di adottare l’abbigliamento?”
Credo non sia possibile dare una spiegazione più chiara!
Quando ho iniziato il lavoro da indipendente, ho viaggiato molto, in India, Birmania, Nepal, Thailandia, Malaysia e in Africa ho scoperto,
che il gioiello non è solo un accumulo di materiali preziosi come oro, diamanti e altre pietre. Si possono creare gioielli con materiali naturali “poveri”, non costosi, come fanno anche i popoli dell’Amazzonia utilizzando per esempio piume, noci/semi e altro che si trova nella natura per produrre oggetti di grande valore culturale, artistico ed estetico.
Nel mio lavoro cerco di esplorare nuovi orizzonti attraverso materiali nuovi e diversi, come titanio, acciaio, plastica, legno e ossa, abbinati
a metalli nobili, come oro, platino, palladio, argento, ecc., e perle, diamanti e tutte le pietre preziose. Ma il vero valore di un gioiello viene dalla
passione di ci lo crea e dall’amore di ci lo regala.
Il mio è uno dei pochissimi mestieri in cui, se lavori in maniera tradizionale, tutto è veramente fatto
a mano. Da qui nasce una soddisfazione che all’artista non deve mancare. Oggi, con le nuove tecnologie, puoi disegnare ai computer oggetti molto complicati, stamparne modelli tridimensionali in
cera e poi produrne copie multiple.
Il gioiello dev’essere una cosa individuale, che esprime la personalità di chi lo porta. Mi pare assurdo che tutti indossino la stessa cosa.
Ma oggi tutto è diventato brand, e trovo che questo sia veramente un segnale di come la nostra cultura diventi sempre più povera. Per questo, a modo mio, cerco di lottare contro l’abuso dei “ciondolini” di marca e dei gioielli industriali, sperando che la gente possa capire e apprezzare il mio lavoro e il mio messaggio.
Il mondo del gioiello apre un ventaglio larghissimo di possibilità, perché non ci sono limiti al linguaggio delle forme e delle creazioni.
Questo non vuol dire che tra le possibilità di forme organiche o astratte non ci siano dei ritorni. Ultimamente mi è capitato di vedere
“Storia e Simbologia dell`Anello” una collezione di J. Abeler, che acquistò in passato anche opere mie. In questa collezione di 4milla anelli di 4milleni si trovano lavori fatti da altre etnie centine di anni fa, che avrebbero potuto essere opera di un nostro contemporaneo.
Un gioiello può essere ideato anche in base a determinate tematiche. Quando è caduto il Muro di Berlino, hanno chiamato diversi orafi per creare gioielli ispirati a quell’evento.
Personalmente ho creato una collana di matite spezzate nere, rosse e oro i colori della bandiera tedesca. Al centro c’era una matita con la punta per firmare la riunificazione. Nel 1987, quando è entrato in vigore il controllo dei gas di scarico, ho creato, per un’esposizione “il gioiello verde”, una collana con dodici vignette, con l’idea che se per – mettiamo – 5 milioni di macchine dovevano esserci 5 milioni di questi bollini, togliendone dodici avrebbero dovuto esserci dodici auto in meno in circolazione.
Un gioiello insomma può anche diventare un manifesto politico,
perciò cito Gilbert Albert, Gioielliere famoso: alla fine il mondo sarà salvato da artisti, poeti e pazzi…
in memoria di Renzo